venerdì 1 agosto 2014

CLȎTURE DE L’AMOUR di PASCAL RAMBERT ... dopo lo spettacolo di Laura Nanni



CLȎTURE DE L’AMOUR di PASCAL RAMBERT

Con Anna Della Rosa e Luca Lazzareschi

al Teatro Vascello di Roma
7 Aprile 2013                                                                                                                                                             di Laura Nanni

Un uomo e una donna su un palcoscenico che è un’ampia stanza rettangolare vuota, bianca, come una sala prove.
C’è troppa distanza tra i due per dar luogo ad un dialogo; la diagonale invisibile sulla quale viaggiano le parole tra loro, è lunga circa 5 metri, forse di più.
Lui, Luca, lo vedo quasi di fronte a me, leggermente di fianco; lei quasi da dietro, di profilo.
Quando lui comincia a parlare, non si ha idea di quanto a lungo durerà ciò che è a tutti gli effetti, un monologo che procede per più di 40 minuti.
Si rivolge alla donna, Anna, al suo amore, moglie e madre dei suoi figli, che ha deciso di lasciare perché ha deciso di ‘chiudere’ questa relazione come se non fosse mai stata, perché tutto è ed è stato finzione, perché lui non ha più nulla a che fare con la vita trascorsa fino a quel momento con lei. Perché era come un’immensa ragnatela quella in  cui si trovava.
Lei è impietrita, in piedi, lo guarda e lo ascolta fino a che il suo corpo e il suo volto colpiti dalla violenza delle parole non vacillano e si trasformano, contraendosi dolorosamente, ma senza cedere. C’è una grande tensione, lui blocca e taglia ogni possibilità di risposta o di reazione o di domanda da parte di lei.
Il suo discorso viaggia lontano dal sentire, dalle emozioni, dalla vita vissuta e dall’esperienza del legame con la vita e con l’interiorità della donna che lo ha amato e che lo ama, che ancora non sa in quali abissi gelidi e solitari le parole del ‘suo’ amore vogliono condurla.
Lei non lo sa, lei era tutta immersa nella sua esistenza, presa dalla sua vita con lui, nell’amore come nel lavoro svolto insieme, presente nel corpo e nella mente; l’amore, il suo uomo e i figli, l’avevano reso piena e intensa…Lei con la sua forza vitale, con la sua mente profonda, aveva animato i momenti più freddi e senza visione, riuscendo a creare un’opera d’arte anche da ogni momento quotidiano.
Invece… dal ‘suo amore’ arrivano questi colpi duri, queste botte da incassare senza poter chiedere, senza poter rispondere perché lui ha già deciso…ha chiuso, è tutto finito, non c’è niente più da dire…
E allora, arriva il suo momento di dire,  perché non è così che si può chiudere, come se non ci fosse nient’altro, come se qualcun altro potesse scrivere la parole ‘fine’, ‘chiuso’, sulla pienezza della sua esistenza.
 Allora lei prende la parola, risponde, parola per parola, colpo su colpo e la sua forza cresce, è smisurata rispetto al suo esser lì, in quella stanza, in quella situazione.  Lei ha una forza terribile che sembra faccia ardere ogni offesa ricevuta, ogni parola che ha dovuto subire e che le ha tolto ogni possibilità di continuare a credere e a vivere quella che era la sua vita.
Tutte le parole che lui ha utilizzato per seppellire ogni emozione, ogni sensazione, ogni ragione, ogni ricordo, si rigenerano e si rivoltano contro quel monologo che sembrava un discorso a cui nulla si sarebbe più potuto obiettare.
La forza vitale delle emozioni profonde, la corporeità che si fa esistenza ma che è in grado di andare oltre e di raccogliere ogni pezzo, ogni granello delle esperienze della sua vita, perché nulla vada disperso…tutto ciò rende lei così forte e potente che sembra divenire una montagna.
E come su una montagna, lei sembra guardare in basso e dominare le terre circostanti, dove ora si trova, un nuovo territorio, da esplorare… nel quale ha già disinnescato tutte le mine che lui vi aveva lanciato.


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