domenica 31 agosto 2014

"La mia classe" di Valerio Mastrandrea

Ho visto molto in ritardo questo film, forse è stata anche una inconscia difesa emotiva... Chi ha insegnato ed insegna in classi di migranti, andando a vedere questo film, rivive tante di quelle situazioni così umanamente coinvolgenti e dure... una realtà dalla quale esci con i lividi nell'anima.
La classe diventa una comunità, un luogo dove, imparando la lingua italiana, nasce solidarietà intensa, uno stare insieme che lenisce il dolore della lontananza, della perdita, delle tante ingiustizie subite. Quando il clima è quello dell'accoglienza, riesci a poco a poco a parlare, a far uscire quelle parole che affliggono la tua anima, sapendo di essere ascoltato/a, almeno ascoltato, anche quando altro non è possibile fare.
Nasce quella solidarietà che ti fa scoprire l'essenza dell'umanità e del valore dello stare insieme. 
Allora la casa che non c'è, il lavoro da trovare, le ingiustizie quotidiane, sono cose di cui in classe si parla,  e poi si cerca di affrontare tutto ciò che è possibile fare.
Certamente, il clima che si crea nel gruppo classe dipende dall' insegnante che trovi, dipende da tante altre cose... Ma sono certa che tanti altri ed altre come me, operatori in questa realtà,spesso nascosta, raccontata con attenzione e sensibilità da Mastrandrea e gli altri, abbiano provato molte emozioni e ritrovato situazioni in cui si sono riconosciuti.
Laura Nanni

martedì 26 agosto 2014

I MIGRANTI E IL MAR MEDITERRANEO di Laura Nanni

Mi sento di scrivere qualcosa perchè da più di 15 anni per motivi di impegno sociale volontario, ma anche per motivi di lavoro, conosco e studio la questione della migrazione che negli ultimi tempi si fa sentire in modo drammatico in Italia.



Le migrazioni ci sono sempre state nel mondo, risalire a cosa origina gli spostamenti è la prima cosa da fare, per darsi spiegazioni e comprendere perchè tante persone sono disposte a rischiare la vita lasciando la propria casa.
Ognuno sarebbe ben felice di avere la possibilità di lavorare e vivere nel luogo di origine, dando il proprio contributo, magari dopo aver studiato in un altra città, dopo aver fatto esperienza di altri luoghi, per amore di conoscenza. Oppure, sceglierebbe di partire con la certezza di una professione, di una strada da percorrere per la propria realizzazione. Ma, non è così per la maggioranza di coloro che sono "migranti".
Il sistema capitalisco ha creato una situazione in cui i paesi che hanno grandi risorse, vengono sfruttati da altri, mentre loro stessi non sono in grado di usare le proprie risorse per la propria vita e la propria crescita.
Le guerre, alimentate soprattutto da motivi di interesse economico e di potere, dividono popoli e nazioni, che altrimenti potrebbero trovare altre strade per accordarsi e convivere.
Ci domandiamo: le agenzie di diplomazia internazionale in che modo operano?
La nostra posizione nel Mediterraneo, che ci ha fatto essere culla di cultura nei secoli lontani, zona di commerci e di scambi, è quella che ci rende un molo di attracco per l'Europa.
L'operazione "Mare Nostrum" che impegna navi e uomini per il pattugliamento e il salvataggio di coloro che si avventurano in mare senza certezze, non è sufficiente. Non è giusto che non ci sia un coordinamento europeo per far in modo che le tragedie a cui assistiamo non accadano. 
Frontex è un agenzia di coordinamento di polizia internazionale, e può essere giusto e necessario il suo lavoro. Ma la cosa più importante, sarebbe quella di organizzare veramente gli spostamenti delle persone, con accordi tra i paesi, per non lasciarli in mano a speculatori senza scrupoli che guadagnano sulla disperazione e la speranza, che non si fanno problemi a buttare a mare le persone, uomini, donne, bambini.
Più di dieci anni fa, insegnavo italiano a Roma, nella scuola pubblica, ad adulti che erano quasi tutti ragazzi  pakistani o indiani, avevano attraversato i continenti e volevano raggiungere famiglie o amici nel Nord dell'Europa. 
Il loro viaggio era stato forse meno disperato, ma c'era sempre un grande punto interrogativo.
Dopo gli accordi di Schengen del 1995, l'Italia diveniva il luogo più semplice per acquisire il diritto di restare in Europa.
La maggioranza erano diplomati o anche di più, portavano con loro speranze e il desiderio di trovare qualcosa che gli consentisse un vita serena.
La maggioranza degli indiani impegnati nella campagna della pianura pontina, sono ragazzi diplomati che vivono insieme, cercano di risparmiare, vorrebbero avere altre possibilità. Lavorano per 3 o 4 euro l'ora, secondo i periodi, la giornata di lavoro può durare anche 10 ore se non di più.
Ora a Pomezia, a Santa Palomba, è nato un centro di accoglienza, il prefetto ha scelto un hotel, strutturato come un residence con tanti mini appartamenti, è gestito dalla Domus Caritas. Sta in un luogo dislocato, ma vicino alla stazione. Si stanno organizzando, è nuovo, mai utilizzato, sta ospitando famiglie siriane,  ragazzi africani del Mali, della Guinea,del Gambia e forse altri paesi, poco più di cento persone, in questo periodo.
M. ha raccontato che è stato un anno in Algeria e sei mesi in Libia. Sono partiti dalla Libia, dove ora il caos è grande.
Nel 2001 sono stata in Libia, uno scambio tra docenti e scuola, lì mi avevano fatto notare come i migranti, da loro, fossero tutti di pelle nera. Ma allora, forse, potevano ancora trovare da lavorare. Il sistema più utilizzato era quello di sedersi lungo la strada con i propri attrezzi da lavoro vicini. Così venivano reclutati.
Il centro d'accoglienza di Santa Palomba potrebbe diventare molto popolato. Qui, insieme ad amic* e compagn*,  stiamo pensando a come poter fare qualcosa, cercando di sapere di cosa c'è bisogno e di che progetto di vita possano avere.
Si sa che vengono assegnati dei fondi agli enti che gestiscono i centri, i soldi vengono dati a loro e non alle singole persone. In che modo vengono utilizzati? Si provvede ad un progetto di formazione e inserimento?
Bisognerebbe invertire questo percorso di migrazione, fare in modo che lo sviluppo dei diversi paesi venisse incrementato per consentire alle persone di non essere costrette a partire per un viaggio senza certezze e senza progetti.




venerdì 22 agosto 2014

VIAGGIO A POMPEI agosto 2014




                                                                                Camminare attraverso gli spazi dell'antica città che è rimasta così,- nei secoli dopo eruzioni, terremoti e poca cura- ti fa viaggiare nel tempo. E' vero che ci sono moltissimi turisti, le antiche strade e gli spazi aperti sono quasi sempre affollati, e questo fa sembrare tutto surreale.
Però è anche vero che, quando ti trovi nelle strade deserte, allora, ti sembra proprio di trovarti in un altro secolo....

 In ogni spazio puoi ricostruire mentalmente quanto poteva accadere...
 Cammini sulle antiche strade...




 Puoi immaginare un'intera civiltà, con la sua vita quotidiana...



 E' normale che venga da pensare se si faccia davvero abbastanza, per quanto c'è di meraviglioso nel nostro paese. Perchè questo patrimonio storico-artistico che c'è in Italia appartiene all'umanità e il nostro paese, per queste cose, è molto amato in tutto il mondo.
...penso proprio alle possibilità di lavoro e di formazione che ci possono essere, per i tanti studenti che amano lo studio dell'arte e dell'archeologia.
Un modo per far conoscere e tutelare un patrimonio, un vero patrimonio, come un'eredità che ci è stata lasciata e di cui non abbiamo cura.

 Resti di templi, ma anche terme e teatri....mosaici nei pavimenti delle stanze e delle piazze...

 Molti visitatori stranieri,  Spagnoli e Francesi soprattutto, ma anche Americani. Mi è sembrata la maggioranza. Meno gli Italiani.
La meraviglia per loro, gli stranieri, sembra anche maggiore...

Nella casa del fauno, la statua ha un movimento dinamico che la rende incredibilmente viva e vitale...


O' Vesuvio...

 Tanti sono i materiali che sono rimasti, non credo di aver visto tutto... ci vuole molto tempo....


 L'ingresso alla Villa dei Misteri è il più lontano...

 La villa dei misteri è un vero colpo al cuore... meraviglioso... affreschi e colori che fanno immaginare la vita in quelle stanze...






















...come posso non sognare...







                                                                                ...un viaggio nello spazio e nel tempo...un sogno che ti apre orizzonti nuovi tra le rovine di una città assopita...

mercoledì 13 agosto 2014

Karl Jaspers e la politica-La lucida analisi di Elena Alessiato

«La concordia raggiunta discutendo insieme e comprendendoci gli uni con gli altri porta a quella comunità che resiste»

Karl Jaspers, Die Schuldfrage.



Alessiato

(...) L’esplorazione di Elena Alessiato – dopo aver analizzato attentamente le posizioni politiche di Hannah Arendt in rapporto a quelle di Jaspers – ci rivela che il pensiero politico dello Jaspers maturo verte su: «pochi concetti-chiave che ritornano insistentemente: libertà, comunicazione, responsabilità, veridicità, democrazia. In questi principi egli rintraccia le componenti indispensabili per una politica al servizio dell’uomo. Il filosofo è convinto, infatti, che la politica deve esistere per essere direzionata, cosicché essa arrivi a identificare il proprio fine e il proprio successo nel soddisfacimento delle esigenze vitali della natura umana e nella costruzione delle condizioni per l’appagamento di quelle esistenziali» (p. 226). Jaspers ha interesse nell’uomo e per l’uomo. La ragione deve essere la guida dell’azione dell’uomo e sollecitarlo continuamente a prendersi carico della responsabilità dell’esistenza (p. 233). Jaspers è convinto che una comunità politica che discute e che attraverso i legami di solidarietà costruisce il proprio futuro più difficilmente cadrà nella cecità di un decisionismo estremista e assassino.(...)

domenica 10 agosto 2014

di Pablo Neruda


Perché tu possa ascoltarmi...     

Perché tu possa ascoltarmi le mie parole
si fanno sottili, a volte,
come impronte di gabbiani sulla spiaggia.
Collana, sonaglio ebbro
per le tue mani dolci come l'uva.
E le vedo ormai lontane le mie parole.
Più che mie sono tue.
Come edera crescono aggrappate al mio dolore antico.

Così si aggrappano alle pareti umide.
E' tua la colpa di questo gioco cruento.
Stanno fuggendo dalla mia buia tana.
Tutto lo riempi tu, tutto lo riempi.

Prima di te hanno popolato la solitudine che occupi,
e più di te sono abituate alla mia tristezza.
Ora voglio che dicano ciò che io voglio dirti
perché tu le ascolti come voglio essere ascoltato.

Il vento dell'angoscia può ancora travolgerle.
Tempeste di sogni possono talora abbatterle.
Puoi sentire altre voci nella mia voce dolente.
Pianto di antiche bocche, sangue di antiche suppliche.
Amami, compagna. Non mi lasciare. Seguimi.
Seguimi, compagna, su quest'onda di angoscia.

Ma del tuo amore si vanno tingendo le mie parole.
Tutto ti prendi tu, tutto.
E io le intreccio tutte in una collana infinita
per le tue mani bianche, dolci come l'uva.

sabato 9 agosto 2014

Rifugiati politici a Pomezia, una donna racconta la sua storia Posted on 7 agosto 2014 da Teresa Di Martino in Tempi Nuovi

N, 27 anni, palestinese nata e cresciuta in Siria, madre di due bambine : “L’importante era scappare dalla morte”. La sua storia dal campo profughi di Yarmouk a S. Palomba
Viso giovane e bello, sguardo fiero, occhi chiari. N., 27 anni, palestinese nata e cresciuta in Siria, è una delle donne che da lunedì notte è ospite nel centro di accoglienza di Santa Palomba a Pomezia. La trovo seduta all’ombra di un albero nel parco giochi del quartiere, insieme al marito e a un’altra famiglia di rifugiati. Guarda le figlie, 3 e 4 anni, giocare sulle giostre. Tardo pomeriggio, il parco è vivo: i bambini giocano, gli adulti chiacchierano. Da una parte un gruppo seduto sul prato, due donne col capo coperto. N. vuole parlare, raccontarmi la sua storia, e lo fa con un sorriso dolce e amaro insieme, gli occhi lucidi.
“Io sono nata e cresciuta nel campo profughi di Yarmouk, in Siria. Mia madre aveva appena una settimana quando la mia famiglia si è rifugiata in Siria dopo la Nakba del 1948. Quando tre anni fa è scoppiata la guerra abbiamo perso tutto: casa, lavoro, soldi. La nostra zona è stata una delle prime ad essere bombardata, non avevamo più cibo né luce. Mio marito, M. 32 anni, si è trasferito in Libia e noi, io e le mie figlie, lo abbiamo raggiunto 6 mesi fa, quando la situazione in Siria è diventata insostenibile. Da Damasco siamo arrivate regolarmente in Egitto attraverso il Libano, poi ci siamo spostate come potevamo fino in Libia. Un viaggio che ci è costato seimila dollari. Qualche giorno fa ci siamo imbarcati tutti e 4 su un barcone: niente valigie, nessun vestito, non abbiamo potuto portare niente con noi. 300 persone ammassate in uno spazio piccolissimo, senza possibilità di muoverci, senza servizi igienici, senza alcuna protezione e soprattutto senza alcuna certezza di toccare terra sani e salvi. Abbiamo viaggiato per 12 ore, poi ci hanno buttati tutti in mare aperto dove ci ha soccorso una grande nave in cui abbiamo trascorso 3 giorni prima di sbarcare a Taranto”.
Il viaggio della speranza: 1000 dollari a testa, esclusi i bambini, per scappare dalla guerra e dalla miseria, per consegnare un futuro migliore alle figlie, per salvarsi la vita. Cosa vi ha spinto ad intraprendere un viaggio così pericoloso? “L’importante era scappare dalla morte”, mi dice.
“Una volta a Taranto un’equipe di medici ci ha visitati, sono stati tutti molto gentili e scrupolosi. Ci hanno portati in un grande campo sportivo, ci hanno fatti lavare, pulire e vestire, ci hanno identificato e rilasciato un foglio e con un pullman ci hanno trasferiti qui. Dopo quello che abbiamo passato negli ultimi anni questo posto sembra un paradiso, perlomeno qui siamo al sicuro”.
Chiedo loro cosa pensano di fare ora, se hanno parenti o amici da qualche altra parte, se hanno progetti per il prossimo futuro. “Non abbiamo più soldi – continua N. – Tutto quello che avevamo lo abbiamo speso per arrivare qui. I nostri parenti in Siria sono spaventati da questo lungo e rischioso viaggio per scappare dalla guerra, ma lì non si riesce più a vivere. Il nostro problema più gmrande, in quanto palestinesi, è che non possiamo andare da nessuna parte, il nostro paese non è riconosciuto, ci sentiamo odiati da tutti, anche nei paesi arabi. Basta vedere quello che sta succedendo ancora oggi a Gaza”.
Nel frattempo J. e H., le due bambine, si sono avvicinate e siedono accanto ai genitori. Hanno vestiti e scarpe di fortuna, gli unici che gli hanno fornito. Anche il resto del gruppo ha superato la diffidenza iniziale e mi racconta, con il dolore e il sollievo di chi ha perso tutto ma ha la fortuna di non essere solo, di avere i propri cari accanto. Stanno bene, sono lontani dalle bombe, dalla fame, dalla distruzione. Ora è questo che conta.

giovedì 7 agosto 2014

ACCOGLIENZA E MIGRAZIONI

Nel nostro territorio, Pomezia e Ardea, credo sia stato a partire dal 2005 che le presenze di migranti hanno cominciato ad aumentare in proporzione geometrica, più che aritmetica(direbbe Malthus).
E' un territorio popolato già dal suo inizio da gruppi sociali differenti (Pomezia è una delle 5 città costruite in occasione della bonifica), è (stato) polo industriale di Roma, ha beneficiato dei fondi della Cassa per il mezzogiorno... ma ha anche origini più folcloristiche, dal momento che negli anni '20 venivano mandati al confino coatto personaggi vari, quando neppure c'era un posto di polizia... Insomma la situazione sociale è sempre una realtà a rischio di conflitti, con tante esigenze, difficile da gestire per i servizi sociali che non riescono ad arrivare a tutto, mancante di luoghi e momenti di aggregazione reale e che abbiano un fondamento.
In tutto ciò, con la nostra piccola a.p.s., abbiamo cercato di fare il possibile per collaborare con servizi sociali e scuole, e ci siamo ancora... Anche ora cercheremo di fare la nostra parte, dando il contributo (sperando di riuscire a facilitare il soggiorno di donne e bambini) per l'accoglienza dei migranti arrivati a S.Palomba.

A Pomezia nella notte tra il 4 e il 5 agosto sono stati accompagnati i migranti sbarcati ieri mattina a Taranto, resteranno per un periodo limitato. I residenti protestano


Sono arrivati ieri notte a Pomezia i 110 migranti sbarcati alle prime ore del mattino di ieri a Taranto. Il loro trasferimento presso il residence “3C” di Santa Palomba è stato disposto dalla Prefettura di Roma per fronteggiare una situazione emergenziale che rientra nell’ambito dell’operazione Mare Nostrum. Sono in maggioranza Eritrei e Siriani, richiedenti asilo politico in Italia, di cui 46 maschi e 67 femmine. Molti i bambini, 37 secondo fonti ufficiali. Di loro si sta occupando la cooperativa sociale Domus Caritatis.
Molti sono arrivati con i barconi, altri – soprattutto i Siriani – nascondendosi in navi mercantili. Quasi nessuno sembra intenzionato a restare a lungo a Pomezia. “Dove ci troviamo? – ci chiede un giovane Siriano, intenzionato a raggiungere Roma ma senza la minima idea di come arrivarci – è il mio sogno fin da bambino visitarla”. Poi aggiunge, sorridendo ma con una punta di imbarazzo: “questi non sono i miei abiti, me li hanno buttati via quando sono sbarcato e me ne hanno dati altri. Non so se sono vestito bene”. A Pomezia la loro permanenza sarà temporanea, assicurano le autorità, ma non si sa ancora quanto tempo ci vorrà a fargli ottenere lo status di rifugiati politici.
La situazione è sotto controllo, assicura la Prefettura. I migranti sono già stati sottoposti ad uno screening sanitario al momento dello sbarco in Puglia e altri controlli saranno effettuati nei prossimi giorni. Per facilitare il percorso di integrazione – per quelli che resteranno – un team di assistenti e operatori sociali, avvocati, docenti di italiano per stranieri, educatori, mediatori linguistici e culturali, li seguirà e assisterà durante il periodo in cui resteranno a Pomezia.
I residenti di Santa Palomba non sembrano però convinti. In molti, questa mattina, hanno mostrato profondo disappunto per la presenza di questi “ospiti”. “La nostra zona sembra già abbandonata a se stessa – commentavano osservando le operazioni – tra la mancanza di acqua potabile, che ancora non è arrivata, e la presenza di prostitute e dei loro clienti, ci sembra di vivere in una landa desolata”. Uno dei timori, dichiarano in molti, è che l’ospitalità data ai migranti possa non essere realmente temporanea e che la loro presenza finisca per “svalutare” il valore degli immobili.

lunedì 4 agosto 2014

ARTE-TERAPIA E SALUTE

Il laboratorio proposto lo scorso anno in una comunità terapeutica, è stato un'esperienza di vita importante per me e per il gruppo.  Ha portato dei cambiamenti, è un'attività utile. Il confronto con il team di lavoro che si riunisce costantemente è stato un buon allenamento. Si lavora tutti insieme, senza gerarchie, tutti sono attivi e si attivano per se stessi e per gli altri. Non è stato possibile continuare... E non per una questione economica, almeno non è stata determinante quella. Il mio pensiero è a quanto sia possibile fare con poco, con il desiderio di fare, naturalmente con serietà e preparazione adeguata (perchè l'improvvisazione in questi casi è pericolosa), perchè stare bene e superare momenti difficili, essere accolti e sostenuti è possibile ed è un diritto di tutti.