venerdì 27 giugno 2014

Non bastano SOLO libri e tomi di Psicologia per comprendere la Psiche umana di Emanuele Casale


26 giugno 2014
Jung alla tavola rotonda sulla terrazza di Casa Gabriella nel 1940. Coll. Eranos Foundation
«Chi vuol conoscere la psiche umana apprenderà ben poco dalla psicologia sperimentale. È meglio che appenda al chiodo la toga dello studioso, dica addio al suo gabinetto di consultazione e vada per il mondo, con cuore umano, a vedere coi propri occhi gli orrori delle carceri, dei manicomi e degli ospizi, le sordide bettole di periferia, i bordelli e le bische, i salotti della società’ elegante, le borse, i convegni dei socialisti, le chiese, i revival e le estasi delle sette, per sperimentare di persona amore e odio, la passione in tutte le sue forme, ritornerà molto più informato, sapra’ molto di piu’ di quanto gli insegnerebbero poderosi tomi alti un palmo e potrà essere per i suoi pazienti un vero psicologo.
(…) Nessun manuale può insegnare la psicologia; la si apprende tramite l’effettiva esperienza. (…)
In psicologia si possiede solo ciò di cui si è fatto esperienza nella realtà. Quindi una semplice comprensione intellettuale non è sufficiente, perché si apprendono solo i termini e non la sostanza interiore dell’evento in questione”.»
(Carl Gustav Jung – Elementi di psicologia)
« (…) un analista può aiutare il proprio paziente soltanto fino al punto in cui è arrivato lui stesso e non un solo passo di più.»
(C.G.Jung – La Psicologia del Kundalini Yoga, Seminario tenuto nel 1932, Bollati Boringhieri, p.167)

sabato 21 giugno 2014

PER LA VITA! (Emanuele G. Casale , Pescara 2/1/2014)


E’ dalla morte che impariamo a vivere, ad apprezzare la vita.
E’ dalla vita che impariamo a morire, lasciando cadere – per far morire – ciò che è inessenziale.
E’ dalla morte e dalla vita che impariamo ad amare. Ho compreso profondamente che la morte è grande maestra, o almeno essa lo è stata per me.
Chi non viene toccato e trasformato dalla morte vuol dire che è insensibile, a diversi livelli, anche all’amore, che è insensibile in ultima analisi alla vita nella sua sacralità.
Ho imparato a diffidare categoricamente di coloro che di fronte alla morte – di un caro, di qualcuno in prossimità –  non ne siano uscite trasformate minimamente in qualche aspetto della propria vita, di una qualche propria dimensione interiore, che non abbiano acquisito una maggiore tenerezza e sensibilità nei confronti del fenomeno della vita, nei confronti dell’altro e di se stessi.
E’ dalla morte che ho imparato ad amare di più, ad esprimermi al meglio fin quando c’è vita.
Nel caso della morte fisica, quando l’altro muore, la domanda che evochiamo verso l’altro non riceve più una risposta, non vi è un eco: essa va a sbattere come contro un muro, indietro non ritorna nulla, nè echi, nè tantomeno risposte fatte di parole, di sguardi. E’ questa la morte: una risposta non data, una risposta non ricevuta ad una domanda, ad un appello, che inviamo all’altro. Morte è una mancata risposta all’appello che la vita ci fa di diventare la “pianta” che siamo…
La vita era in piena dentro di me, ma ho avuto terrore di subire quella che non era vita.
Perciò allontanai da me le riserve che mantenevo nei confronti della vita, inclusa quella interiore, e soprattutto nei confronti degli altri, in particolare verso le persone a cui più mi sentivo legato.
Fintanto che siamo vivi, fintanto che l’altro è vivo e io sono vivo, abbiamo l’opportunità meravigliosa di percepire il suono della sua voce, di toccare la sua pelle, di abbracciarlo, di vedere la luce che brilla negli suoi occhi così come nei nostri: già questo è miracolo sempre nuovo.
La vita è davvero breve e soprattutto imprevedibile per poter lasciare eccessivo dominio all’inespresso. La morte, a tutti i suoi livelli, soprattutto la morte fisica di un altro, ci insegna che oggi, qui ed ora, possiamo esprimerci al meglio, e che non vi è nessuna certezza che potremmo farlo anche domani.
Comportarci come se fossimo morti è il peccato più grande che possiamo mai commettere.
Tutte quelle barriere, quelle distanze, quegli spazi e quei tempi che manteniamo sospesi tra me e la vita, tra me e l’altro, sono tutti elementi che ho deciso di lasciare alla morte, perché è alla morte che vanno lasciate queste cose. Non aspettiamo altro che vivere una vita che sia piena di nutrimento per l’anima, di mangiare letteralmente tutte intere le emozioni, di vivere di sentimenti che siano in corrispondenza con la propria interiorità. Abbiamo bisogno di amare e di essere amati, ma troppo spesso abbiamo paura di entrambi; abbiamo paura di essere vivi. Non di rado si ha paura di vivere. E così produciamo in noi quelle che sono vere e proprie morti, lutti interiori. I lutti interiori sono le immagini di quegli orizzonti di vita che non stiamo vivendo, che abbiamo soppresso, sono quegli abbracci e quell’affetto che prendono forma in noi ma che non doniamo, sono le parole pregne d’amore che, sorgive, come fiori in primavera, vogliono nascere dalla nostra bocca per arrivare altrove, per arrivare al cuore di altri…ma che abortiamo.
Siamo dei Puer Aeterni quando ci comportiamo con la vita come se fossimo immortali. E’ questo che mi ha insegnato la morte, o meglio, è questo che sono riuscito a comprendere da essa.»
(Emanuele G. Casale , Pescara 2/1/2014. Registrato con Licenza CC – Creative Commons .
Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 3.0 Unported.)
«Proverai la gioia delle piccole cose solo se avrai accettato la morte. Se invece ti guardi intorno avidamente in cerca di tutto ciò che potresti ancora vivere, allora nulla sarà mai grande abbastanza per il tuo piacere, le piccole cose che ti circondano non ti daranno più gioia. Contemplo perciò la morte perché essa mi insegna a vivere.»
(C.G.Jung – Libro Rosso)

venerdì 20 giugno 2014

ESAMI DI STATO....

Gli esami sono iniziati e i nostri studenti, anche quelli più scanzonati, hanno assunto un'espressione molto più attenta e, a volte, preoccupata...
Le tracce dei temi d'italiano, io le ho trovate interessanti, attuali e vicine a studenti maggiorenni che devono guardare al mondo esterno e che dovrebbero riflettere su com'è la realtà presente, ma senza tralasciare o dimenticare le radici o le origini di molti fatti...
E procediamo....ci sarà la fatidica terza prova scritta e infine il colloquio, in cui ognuno dovrebbe poter esprimere al meglio le proprie caratteristiche e le proprie potenzialità.
La tesina multidisciplinare sarà una bella presentazione per ognuno, per parlare di un progetto, di un tema che è nelle 'proprie corde' e dimostrare la propria 'maturità'!