“C’era una volta un pianeta chiamato Terra. Si chiamava Terra anche se, a dire
il vero, c’era più acqua che terra su quel pianeta.
Gli abitanti della Terra, infatti, usavano le parole in modo un po’ bislacco. Prendete
le automobili, per esempio. Quel coso rotondo che si usa per guidare, loro lo
chiamavano “volante”, anche se le macchine non volano affatto! Non sarebbe più
logico chiamarlo “guidante”, oppure “girante” , visto che serve per girare?
Anche sulle cose importanti si faceva spesso molta confusione. Si parlava
spesso di “diritti”: il diritto all’istruzione per esempio significava che
tutti i bambini avrebbero potuto (e dovuto!) andare a scuola.
Il diritto alla salute poi, avrebbe dovuto significare che chiunque, ferito,
oppure malato, doveva avere la possibilità di andare in ospedale.
Ma per chi viveva in un paese senza scuole , oppure a causa della guerra non
poteva uscire di casa, oppure chi non aveva i soldi per pagare l’ospedale ( e
questo, nei paesi poveri, è più la regola che l’eccezione ) , questi diritti
erano in realtà dei rovesci : non valevano un fico secco.
Siccome non valevano per tutti ma solo per chi se li poteva permettere , queste
cose non erano diritti : erano diventati privilegi, e cioè vantaggi particolari
riservati a pochi…
A volte, addirittura , i potenti della terra chiamavano “operazione di pace”
quella che , in realtà, era un’operazione di guerra: dicevano proprio il
contrario di quello che in realtà intendevano.
E poi, sulla Terra, non c’era più accordo fra gli uomini sui significati : per
alcuni ricchezza significava avere diecimila miliardi, per altri voleva dire
avere almeno una patata da mangiare.
Quanta confusione! Tanta confusione che un giorno il Mago Linguaggio non ne
poté più.
Linguaggio era un mago potentissimo, che tanto tempo prima aveva inventato le
parole e le aveva regalate agli uomini.
All’inizio c’era stata un po’ di confusione perché gli uomini non sapevano come
usarle, e se uno diceva carciofo, l’altro pensava al canguro, e se uno diceva
spaghetti l’altro intendeva gorilla, e al ristorante non ci si capiva mai.
Allora il mago Linguaggio appiccicò ad ogni parola un significato preciso,
cosicché le parole volessero dire sempre la stessa cosa, e per tutti.
Da allora il carciofo è sempre stato un ortaggio e il gorilla un animale
peloso, e non c’era più il rischio di trovarsi per sbaglio nel piatto un grosso
animale peloso, con il suo testone coperto da sugo di pomodoro.
Questo lavoro, di dare alle parole un significato preciso, era costato al mago
Linguaggio un bel po’ di fatica.
Adesso, vedendo che gli uomini se ne infischiavano del suo lavoro, e
continuavano ad usarle a capocchia, decise di dare loro una lezione.
“Le parole sono importanti – amava dire -, se si cambiano le parole si cambia
anche il mondo, e poi non ci si capisce più niente .”.
Una notte, dunque, si mise a scombinare un po’ le cose, spostando una sillaba
qui, una là, mescolando vocali e consonanti, anagrammando i nomi. Alla mattina,
infatti, non ci si capiva più niente.
A tutti gli alberghi di una grande città aveva rubato la lettera gi e la
lettera acca, ed erano diventati…alberi! Decine e decine di enormi alberi, con
sopra letti e comodini e frigobar, e i clienti stupitissimi che per scendere
dovevano usare le liane come Tartan.
Alle macchine aveva rubato una enne, facendole diventare macchie, e chi cercava
la propria automobile trovava soltanto una grossa chiazza colorata parcheggiata
in strada.
Alle torte, invece, aveva aggiunto una esse, ed erano diventate tutte … storte,
e cadevano per terra prima che i bambini se le potessero mangiare. Erano
talmente storte che non erano più buone nemmeno per essere tirate in faccia.
Nelle scuole si era divertito ad anagrammare, al momento dell’appello, la parola
presente, e se prima gli alunni erano tutti presenti, ora erano tutti assenti,
e le maestre scappavano via terrorizzate.
Poi si era tolto uno sfizio personale: aveva eliminato del tutto la parola
guerra, che aveva inventato per sbaglio, e non gli era piaciuta.
Così un grande capo della terra, che in quel momento stava per dichiarare
guerra, dovette interrompersi a metà della frase, e non se ne fece nulla.
Inoltre aveva trasformato i cannoni in cannoli, siciliani naturalmente, e chi
stava combattendo si ritrovò tutto coperto di ricotta e canditi.
Andò avanti così per alcuni giorni, con le scarpe che diventavano carpe e
nuotavano via, i mattoni che diventano gattoni e le case si mettevano a
miagolare, il pane che si trasformava in un cane e morsicava chi lo voleva
mangiare.
Quanta confusione! Troppa confusione e gli uomini non ne potevano più.
Mandarono quindi una loro delegazione, a chiedere che rimettesse a posto le parole, e con loro il mondo.
“E va bene – disse Linguaggio – ma solo ad una condizione: che cominciate ad
usare le parole con il loro giusto significato.
I diritti degli uomini devono essere di tutti gli uomini, proprio di tutti
altrimenti chiamateli privilegi. Uguaglianza deve significare davvero che tutti
sono uguali, e non che alcuni sono più uguali di altri. E per quanto riguarda
la guerra…”.
“Per quanto riguarda la guerra – lo interruppero gli uomini – ci abbiamo
pensato…Tienitela pure, è una parola di cui vogliamo fare a meno .”.
( Gino Strada)