Amira è
venuta dalla Libia. Una fuga da una famiglia e una cultura che non accettava la
sua autonomia di pensiero e la sua gioia di vivere.
E fuga anche da un
matrimonio obbligato.
In
Italia le difficoltà per ‘regolarizzarsi’, per fare i documenti che durano da quasi
due anni, e una dipendenza da qualcuno
che, con la scusa di proteggerla, approfitta di lei come donna, dal
momento che è sola e che non ha familiari o parenti a cui rivolgersi.
Una
situazione confusa anche per lei. Una situazione di cui si capisce che è
prigioniera, che cerca di trasformare in qualcos’altro, qualcosa di accettabile
con la forza della sua immaginazione e del desiderio di non avere paura.
E’
una donna laureata che lavora, che ama il suo Paese e le sue tradizioni, ma che
a un certo punto si è resa conto di non poter più sopportare la situazione di
vita in cui si trova, le consuetudini religiose e culturali sono sempre più
soffocanti, non le è permesso di avere opinioni e modi di vivere diversi da
quelli dati.
Venire
in Italia ha significato scoprire una vita in cui puoi decidere di essere come
sei e dire ciò che pensi, anche se devi ricominciare tutto da capo e devi
imparare una nuova lingua per capire e farti capire.
Il
corso di lingua italiana è stata una battaglia (anche tra lei e me insegnante)
tra concezioni e modi di vivere l’essere donna. Un conflitto dovuto anche un
meccanismo di difesa, il timore di guardarsi dentro ed essere sincera,
riconoscere che la strada più giusta per essere se stessi, non è la più facile.
E’
stato anche una conquista di consapevolezza. Ordinare parole, frasi e pensieri,
esprimersi, confrontarsi, le ha consentito di trovare la sua dimensione.
Stare
nella classe di lingua italiana le ha permesso di confrontarsi con gli altri in un modo democratico,
in un luogo sicuro, dove puoi parlare ed essere ascoltata; puoi conoscere e
rispettare altri pensieri ed altre culture perché possono coesistere… Ma ci
sono delle regole di una società diversa da conoscere, perchè le regole condivise servono alla
tutela dei diritti di tutti.
Samia
esprime con i piccoli fiori che mi fa trovare sulla cattedra la sua
gratitudine, ha capito di essere capita nel riso e nel pianto. Se non può
venire, le dispiace e si giustifica. Sa dove poter trovare qualcuno di cui
fidarsi, insieme alla lingua italiana, impara a conoscere i luoghi del
territorio e la loro funzione sociale.
E
così per me, per lei, la notizia che dà pienezza al traguardo di competenza
raggiunta nella lingua italiana, è il fatto che Amira abbia trovato un lavoro e
abbia preso un appartamento da condividere con un’amica.
E’
semplicemente questo il successo che cerchiamo.
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